IL LAICO
Il laico( ), in quanto proprio del popolo, è il portavoce dell’esperienza di vita della comunità, in contrapposizione al chierico ovvero al religioso-sacerdote ( ), rappresentante comunque di una istituzione.
E l’istituzione è un organismo di leggi, regole, divieti da difendere in ogni caso, pena la dissoluzione stessa dell’istituzione.
Per questo l’istituzione è lo strumento primo e più importante del potere. Ogni potere: politico economico militare religioso si avvale di una sua istituzione,diversa nelle forme, ma uguale nella struttura e nell’intento: quello di perpetuare attraverso i suoi fidati esecutori i propri interessi e privilegi.
Perciò l’istituzionalizzato è un “ defensor fidei “, un soldato al soldo di una ideologia, di un apparato totalizzante che non consente spazi al libero arbitrio o al confronto tra pensieri.
L’istituzionalizzato, ovvero chiunque si assoggetta acriticamente all’istituzione-religione non esprime le istanze vive e reali della società in cui egli è immerso, anche se soggette alla dinamicità dei tempi. Il suo pensiero è sempre uniformato e condizionato da un’idea forte, sovrana, al di sopra di lui, che si frappone tra l’oggetto del suo speculare e le sue emozioni più autentiche. Egli è il necrologio di idee morte che pretendono di trovare conferma nella tradizione o giustificazione in un bene superiore astratto, disarticolato dalla immediatezza e dalla visibilità del quotidiano e del prossimo.
Allora se i Vangeli, come dimostra una moderna esegesi attenta agli studi filologici, antropologici e storici, sono l’elaborato dell’esperienza di vita di una comunità, improntata all’insegnamento di Gesù di Nazareth, che proprio in questo modello di vita ha trovato la propria linfa vitale, si può affermare con tutta pacatezza che gli Evangelisti sono i Laici, perché parlano per l’esperienza che fanno e che hanno fatto vivendo immersi in quella comunità a cui appartengono. Essi sono sì degli eruditi, ma non esprimono un elaborato di ciò che hanno studiato o ereditato da una religione.
Il loro Maestro non ha lasciato alcuno decalogo da rispettare (come fece Mosè ), esponendolo se mai nel tempo ad una interpretazione e ad un appesantimento normativo da parte di “esperti”.
Si può affermare che nell’intento del Maestro itinerante, senza scuola e al di fuori dal Tempio non c’era volontà alcuna di lasciare uno scritto . Il suo vero ed esclusivo intento era quello di proporre una ortoprassi, di cui il Suo stile di vita era e sarà sempre l’unico testamento.
BIBLIOGRAFIA ( e spunti di riflessione) :
Nuovo Testamento interlineare Ed. San Paolo
Mc.1,24
Lc.10,25-37
Mt.12,31
Mt.23,4
Mt.23,27
Mt.16,16
Gv.6,68
Gv.13,34
At.11,26
At.11,17